sabato 14 giugno 2008

Quasimodo, 40° anniversario



SALVATORE QUASIMODO

THANATOS ATHANATOS


E dovremo dunque negarti, Dio
dei tumori, Dio del fiore vivo,
e cominciare con un no all'oscura
pietra «io sono», e consentire alla morte
e su ogni tomba scrivere la sola
nostra certezza: «thànatos athànatos»?
Senza un nome che ricordi i sogni
le lacrime i furori di quest'uomo
sconfitto da domande ancora aperte?
Il nostro dialogo muta; diventa
ora possibile l'assurdo. Là
oltre il fumo di nebbia, dentro gli alberi
vigila la potenza delle foglie,
vero è il fiume che preme sulle rive.
La vita non è sogno. Vero l'uomo
e il suo pianto geloso del silenzio.
Dio del silenzio, apri la solitudine.

(da La vita non è sogno, 1948)


Il 14 giugno 1968, colpito da un ictus, moriva a quasi 67 anni il poeta Salvatore Quasimodo. Nel 1959 gli era stato conferito il Premio Nobel per la Letteratura. 

Quasimodo in questa lirica compie una meditazione profonda sulla vita e sulla morte, sulla malattia e sul dolore, sull’impossibilità della ragione di trovare risposte all’enigma. Si pone non in contrapposizione con il divino, ma su un piano di dialogo, in un’esigenza di confronto. L’invocazione a Dio sgorga dalla profondità del nostro io, dalle considerazioni sul dolore, e si fa quasi un urlo di fronte al silenzio. L’uomo che giace nella tomba è stato un essere vivo, con i suoi ricordi, le sue emozioni, i suoi sogni: con le sue sofferenze, certo, e le sue rabbie, le sue inquietudini, le sue domande. Quegli stessi interrogativi che si pone il poeta. “La vita non è sogno” rovescia l’assioma di Calderòn de la Barca; la vita è reale come reale è il dolore, come reali sono gli alberi nella nebbia, come reale è il fiume che scorre. La vita è tanto bella ma anche tanto breve da sembrare un sogno.

Ma se “thanatos athanatos”, se la morte è immortale, nulla rimane per noi. Al suo contrario, alla vita eterna prospettata dalla religione cristiana, Quasimodo si appiglia e vede lo spiraglio intravisto da Sant’Agostino, quell’assurdo ora possibile riecheggia il “Credo quia absurdum” e spalanca la speranza senza bisogno di segni.



Fotografia da Cultura



* * * * * * * * * * * * * * * * * * * *
LA FRASE DEL GIORNO
Scrivere è sempre nascondere qualche cosa in modo che poi venga scoperto.
ITALO CALVINO, L'ultimo bloc notes




Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 – Napoli, 14 giugno 1968), poeta e traduttore italiano, esponente di rilievo dell'ermetismo.  Essenziale ed epigrammatico, ha  temperato gli influssi originari in un linguaggio poeticamente sempre più autonomo, che libera un’intensa sensualità in trepide visioni. Premio Nobel per la letteratura 1959 “per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi”.


2 commenti:

Luciana Bianchi Cavalleri ha detto...

Bel pezzo: chapeau! (Piaciuto)

DR ha detto...

Con Quasimodo non si sbaglia mai. Credo che il suo Nobel sia stato il più meritato tra i sette assegnati all'Italia per la Letteratura, ancora più di Montale. E avrei dato a Luzi quello di Fo.